05 febbraio 2025
Lo scontro sulla riforma della giustizia manda in tilt la magistratura. Con le toghe rosse che tentano di imporre la linea dura contro il governo Meloni e la maggioranza silenziosa che si ribella al grido di «i fascisti siete voi». La resa dei conti che si è aperta all’interno della giurisdizione, ormai non si consuma più in quegli incontri riservati tra i big delle correnti intenti a tessere trame politiche e nomine chiave, bensì nella mailing list dell’Anm, quella in cui il giudice Marco Patarnello, come vi abbiamo rivelato nello scoop de Il Tempo in pieno braccio di ferro tra toghe ed Esecutivo sul modello Albania, aveva definito Giorgia Meloni più pericolosa di Silvio Berlusconi, perché non si muove per un salvacondotto ma per una visione politica in grado di mettere a rischio la giurisdizione. E l’esponente di Magistratura democratica chiamava alle armi il Csm e l’Anm, affinché si muovessero unite contro la riforma della giustizia. A due mesi da quel manifesto, che ha portato Patarnello a scalare i vertici dell’associazione nazionale magistrati, quell’unità è solo una chimera, demolita da quelle stesse toghe rosse che, con la Costituzione in mano e le bocche cariche di indipendenza, hanno tirato così tanto la corda da strabordare nella sfera d’azione degli altri due poteri dello Stato, il governo e il Parlamento, scatenando un’ondata di rabbia nei tanti magistrati stufi di finire sulla graticola per il protagonismo politico della corrente di sinistra.
Ieri, quella rabbia è sfociata nella mailing list dell’Anm, con messaggi culminati in insulti e minacce velate tra i magistrati. A scatenare il putiferio Emilio Sirianni, il giudice amico dell’eurodeputato di Avs Mimmo Lucano, già bacchettato dal Csm per aver aiutato il sindaco indagato per il modello Riace e fedelissimo della presidente di Md Silvia Albano, la toga rossa della sezione Immigrazione di Roma che non ha convalidato i trattenimenti dei migranti a Gjader. Il 31 gennaio scorso, con mezzo governo indagato sul caso Almasri per l’avviso di iscrizione nel registro delle notizie di reato del procuratore di Roma Francesco Lo Voi, il pm capitolino Gennaro Varrone aveva mandato una mail a Sirianni, chiedendo «ai tutori dell’indipendenza del pubblico ministero, che ho sentito, letto qui (ed anche a quelli che non ho letto), se non abbiano qualcosa da dire». Varrone, faceva riferimento alla battaglia contro la separazione delle carriere. «Non conosco “tutori” dell’indipendenza del pm, purtroppo, ma conosco invece molti magistrati e molti giuristi che si stanno battendo per difendere quell’indipendenza e continueranno a farlo», risponde Sirianni, senza dire una parola su Lo Voi ma cominciando a tessere le lodi della Albano, «la cui esemplare intervista è stata mandata su questa mailing list» e di altri big di Md che si erano espressi sull’argomento. «Basta guardarsi intorno, caro Gennaro», chiude sarcasticamente. Un elogio che manda su tutte le furie il pm: «Io certamente non ti sono “caro”… e, altrettanto certamente, io me ne strafotto di te». Il vaffa del collega non deve essere tanto piaciuto a Sirianni, che lunedì condivide lo scambio epistolare privato nella mailing list dell’Anm, per mettere al pubblico ludibrio il collega. Ma ottiene l’effetto contrario. Alcuni magistrati gli contestano di aver commesso un reato penale, disvelando il contenuto.
E Felice Lima, giudice di Catania, attacca pesantemente Sirianni e la gestione di Md. «A me francamente mi rompe il cazzo… questa pretesa di armonia e cortesia fra persone tantissimo diverse, che si ritengono aderenti a valori profondi molto diversi. Ho assistito, nella magistratura e in questa mailing list, a ogni genere di azioni», scrive Lima, «atti di vero eroismo, atti di quotidiana dedizione, atti di meschina viltà, atti di eversione, atti legali, atti illegali, cose bellissime e cose orribili. Trovo fascista l’idea che ci sia qualcuno – lei!!! – che ci deve dire come dobbiamo reagire a tutto questo, al bene e al male, pretendendo che ci comportiamo tutti come dice lui. Così come trovo patetica e penosa l’idea che si debba fare finta di essere tutti amici e di stimarsi tutti. Io non la trovo simpatico e non la stimo», precisa. «Sarò libero – nel rispetto della legge – di rapportarmi con lei come cavolo mi pare? Sarò libero di non dovere atteggiarmi ad affettuoso e simpatico con lei e/o con la sua socia Albano e/o con chicchessia? È proprio indispensabile avere un codice di relazioni del tipo delle vecchie “corporazioni” e sentirci massacrare i cosiddetti ogni giorno da uno come lei che viene qua a impalcarsi nel ruolo del tutto non richiesto di professorino dello stile e dei modi?», tuona. «Ma faccia il cazzo che le pare e lasci agli altri la stessa libertà… ci lasci liberi di mandarla a quel paese, come secondo me ampiamente merita. La democrazia è anche questo, credo», chiosa Lima. Il tutto mentre qualcuno richiama all’unità e qualcun altro bolla la condivisione illegale della mail privata come «comportamento rivelatore del vero peso che si dà al rispetto delle leggi». Ché alla fine, si sa, i fascisti stanno su Marte.